venerdì 22 marzo 2019

La mente, la meditazione e la compassione

I fondamenti della Mindfulness

LA MENTE, LA MEDITAZIONE E LA COMPASSIONE

 Quando si parla di Mindfulness è implicito conoscere i concetti base a cui ci si riferisce, ma non sempre essi sono noti anche agli stessi praticanti.  
“Mindfulness” in inglese, comunemente tradotto con il termine “Consapevolezza”, racchiude il concetto di “Sati” che nell’antica lingua pali indica quello stato mentale di attenzione al momento presente. Ma non finisce tutto qui: nella psicologia buddhista la piena presenza permette di liberarci dai pensieri condizionati che conducono alla sofferenza. Affinché questo processo sia avviato è necessario approfondire tre concetti che hanno molta rilevanza nel metodo della Mindfulness: la mente, la meditazione e la compassione. Per approfondirne il significato prendiamo spunto da alcuni articoli di Nanni De Ambrogio, docente del Mindfulness Compassion Master, e della Scuola di Mindfulness Counseling, organizzati dalla Mindfulness Project di Pomaia, che sono ritenuto i più qualificati corsi esistenti in Italia per l’apprendimento di questa materia.

Cos’è la mente

Nella tradizione buddhista tibetana c’è una definizione di mente molto chiara e semplice. Per mente o coscienza, termini sinonimi per indicare lo stesso fenomeno, si intende “ciò che è chiaro e conosce”. Possiamo dire che la mente conosce tutti i fenomeni di cui facciamo esperienza sia quelli che provengono dal corpo che quelli che provengono dalla parte pensante della mente.
I fenomeni che conosciamo e di cui facciamo esperienza con il corpo entrano in noi dai cinque canali sensoriali: le immagini visive dal canale della vista, i suoni dal canale dell’udito, i gusti dal canale gustativo, gli odori dal canale olfattivo e le sensazioni di contatto dal canale tattile. I fenomeni che provengono dalla mente pensante sono pensieri e immagini mentali. Essi appaiono privi di materia fisica e li sperimentiamo come interni a noi ciò che dimostra che devono avere un sostegno nell’attività del cervello o in qualche altro substrato corporeo nel caso delle coscienze più sottili affermate dalla tradizione buddhista.
Il nostro mondo è tutto racchiuso nelle esperienze conosciute attraverso questi sei canali.
La chiarezza della mente, si riferisce al fatto che essa possiede uno sfondo come un cielo ampio e luminoso sul quale di volta in volta appaiono le esperienze fisiche e mentali che vengono conosciute. La natura di chiarezza dello sfondo rimane comunque anche se le esperienze conoscitive appaiono con un sapore di pesantezza, oscurità o confusione poiché è la chiarezza che permette la percezione dell’esperienza. Per esempio quando diciamo di essere confusi dimostriamo di conoscere quel tipo di esperienza ed è proprio la chiarezza di sfondo che ci permette di parlare della confusione. Si potrebbe dire che se lo sfondo fosse oscuro, come si potrebbe dire di getto riguardo alla confusione, sarebbe tutto buio e non potrebbe sorgere alcuna esperienza conoscitiva.
La scienza moderna ha confermato recentemente che le reti neuronali tendono a fissare nelle aree del cervello, i pensieri prodotti con più frequenza fino a farli diventare abitudini ben radicate, come impronte che nel momento in cui si presentano le condizioni adatte, partono in automatico producendo i comportamenti relazionali.
In fondo è qualcosa che sapeva già anche la saggezza popolare e il Buddha 2500 anni fa diceva nel famoso sutra “Sui due generi di pensiero”: “Ciò a cui frequentemente pensiamo, quello diventa l’inclinazione della nostra mente”.
Su queste modalità di funzionamento della mente costruiamo le nostre idee su noi stessi e sul mondo le quali poi indirizzano tutti i comportamenti che mettiamo in atto. Quindi è evidente che la felicità o la sofferenza nella nostra vita dipendono strettamente da ciò che pensiamo.
La pratica che ci serve per diventare consapevoli di questi processi è la meditazione. 

Cos’è la meditazione
Il modo migliore per comprendere cos’è la meditazione è ricordare il significato della parola tibetana “gom” che significa appunto meditazione. “Gom” vuole dire “familiarizzare la mente” o in altre parole “abituare la mente” a qualcosa.
Se osserviamo onestamente, attraverso l’esperienza diretta, probabilmente scopriamo che nella nostra mente ci sono molti pensieri abitudinari e ripetitivi ai quali tendiamo ad aggrapparci e che ci appaiono particolarmente “veri”. Ripetendoli frequentemente diventano abitudini in grado di presentarsi automaticamente nelle situazioni più diverse. Alcuni dei pensieri più abitudinari e radicati nel nostro tempo sono per esempio le convinzioni di essere sbagliati o inadeguati che poi ritroviamo alla base dell’ansietà.
Quindi la mente funziona per abitudini ed è proprio sulla sua capacità di abituarsi che funziona anche la meditazione. La scienza moderna ha poi scoperto che nel cervello le connessioni neuronali sinaptiche, attivandosi sempre allo stesso modo a causa di pensieri reiterati sempre uguali, attivano continuamente certe aree del cervello creando gli automatismi di pensiero.
Ma al contrario delle abitudini spesso controproducenti acquisite nel corso della vita, in meditazione la mente si abitua a pensare e utilizzare frequentemente, fino a farle sorgere spontaneamente, quelle qualità che si ritengono utili per stare bene nella vita, nella relazione con se stessi, con gli altri e con l’ambiente. In particolare si medita o si familiarizza la mente per incrementare la capacità concentrativa, le qualità dell’amore, della compassione, dell’equilibrio interiore, la capacità di percepire profondamente la natura della realtà e quindi in definitiva “chi siamo” e “qual’è il significato”, la capacità di uscire dal sequestro dei pensieri ossessivi e dell’ego.
Queste sono alcune delle potenzialità della mente che si coltivano e incrementano con la familiarizzazione meditativa e il modo per familiarizzare è semplicemente quello di ripetere più e più volte le stesse cose.
Ad ogni modo credo che in definitiva la discriminante per definire utile una meditazione sia semplicemente il fatto che contribuisca a farci stare meglio nella vita, più liberi dalla paura, sereni e a nostro agio possibilmente anche nelle situazioni più difficili.
E’ proprio su questi presupposti sul funzionamento della mente che si fonda la pratica interiore che conduce all’emancipazione dal dolore e verso un’esperienza di libertà e pace.

 Cosa è la compassione
La psicologia buddista definisce la compassione come l’intenzione di liberare se stessi e gli altri dalla sofferenza. La compassione è la capacità di sentire la propria sofferenza e la sofferenza dell’altro senza farsene travolgere. E’ la forza interiore che ci aiuta a vedere le cose in una prospettiva di interdipendenza e interrelazione permettendoci di vedere più in là dello spazio limitato del nostro ego.
L’amore, nella definizione buddhista, è il desiderio di rendere felici se stessi e gli altri.
Queste attitudini vengono sviluppate attraverso insegnamenti e pratiche specifiche, che Mindfulness Project ha derivato dal buddismo integrandole con strumenti della psicologia e della psicoterapia principalmente di orientamento umanistico e transpersonale.
Nella tradizione buddista vengono considerate, insieme alla mindfulness, come le caratteristiche fondamentali dell’equilibrio psicologico e spirituale, come i fondamenti stessi della salute psichica e del benessere.
Tradizionalmente gli insegnamenti e le pratiche per implementare queste qualità comprendono in primo luogo l’apprendimento di un’attitudine di cura e sollecitudine verso se stessi, attitudine che viene poi portata come nutrimento e sostegno nelle relazioni.
Gli effetti dell’integrazione della mindfulness con la compassione e con la benevolenza si manifestano quindi in un miglioramento nella qualità della relazione con se stessi, in termini di pace interiore, benessere autentico, senso di autostima non egoico, fondato su una condizione di centratura, capacità di accoglienza e di apertura alla vita.
Questa condizione di centratura e di sano amore e rispetto per se stessi diventa una fondamentale qualità di presenza ed equilibrio nel rapporto con gli altri: un’attitudine relazionale sostenuta dalla consapevolezza e dalla compassione offre strumenti efficaci e sperimentati nel tempo nelle diverse tradizioni sapienziali per poter convivere pacificamente con gli altri esseri umani e per risolvere le dinamiche e le conflittualità che ogni relazione interpersonale necessariamente comporta.

                                                                                                                                Nanni Deambrogio   

Per informazioni sul Mindfulness Compassion Master (MCM) visita il sito http://mindfulnesscompassion.it/


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