LA MENTE, LA MEDITAZIONE E LA COMPASSIONE
Quando si parla di Mindfulness è implicito conoscere i concetti base a cui ci si riferisce, ma non sempre essi sono noti anche agli stessi praticanti.
“Mindfulness” in inglese, comunemente
tradotto con il termine “Consapevolezza”, racchiude il concetto di “Sati” che
nell’antica lingua pali indica quello stato mentale di attenzione al momento
presente. Ma non finisce tutto qui: nella psicologia buddhista la piena presenza
permette di liberarci dai pensieri condizionati che conducono alla sofferenza.
Affinché questo processo sia avviato è necessario approfondire tre concetti
che hanno molta rilevanza nel metodo della Mindfulness: la mente, la
meditazione e la compassione. Per approfondirne il significato prendiamo spunto
da alcuni articoli di Nanni De Ambrogio, docente del Mindfulness Compassion
Master, e della Scuola di Mindfulness Counseling, organizzati dalla Mindfulness
Project di Pomaia, che sono ritenuto i più qualificati corsi esistenti in
Italia per l’apprendimento di questa materia.
Cos’è la mente
Nella
tradizione buddhista tibetana c’è una definizione di mente molto chiara e
semplice. Per mente o coscienza, termini sinonimi per indicare lo stesso
fenomeno, si intende “ciò che è chiaro e conosce”. Possiamo dire che la mente
conosce tutti i fenomeni di cui facciamo esperienza sia quelli che provengono
dal corpo che quelli che provengono dalla parte pensante della mente.
I fenomeni
che conosciamo e di cui facciamo esperienza con il corpo entrano in noi dai
cinque canali sensoriali: le immagini visive dal canale della vista, i suoni
dal canale dell’udito, i gusti dal canale gustativo, gli odori dal canale
olfattivo e le sensazioni di contatto dal canale tattile. I fenomeni che
provengono dalla mente pensante sono pensieri e immagini mentali. Essi appaiono
privi di materia fisica e li sperimentiamo come interni a noi ciò che dimostra che devono
avere un sostegno nell’attività del cervello o in qualche altro substrato
corporeo nel caso delle coscienze più sottili affermate dalla tradizione
buddhista.
Il nostro
mondo è tutto racchiuso nelle esperienze conosciute attraverso questi sei
canali.
La
chiarezza della mente, si riferisce al fatto che essa possiede uno sfondo come
un cielo ampio e luminoso sul quale di volta in volta appaiono le esperienze
fisiche e mentali che vengono conosciute. La natura di chiarezza dello sfondo
rimane comunque anche se le esperienze conoscitive appaiono con un sapore di
pesantezza, oscurità o confusione poiché è la chiarezza che permette la
percezione dell’esperienza. Per esempio quando diciamo di essere confusi
dimostriamo di conoscere quel tipo di esperienza ed è proprio la chiarezza di
sfondo che ci permette di parlare della confusione. Si potrebbe dire che se lo
sfondo fosse oscuro, come si potrebbe dire di getto riguardo alla confusione,
sarebbe tutto buio e non potrebbe sorgere alcuna esperienza conoscitiva.
La scienza
moderna ha confermato recentemente che le reti neuronali tendono a fissare
nelle aree del cervello, i pensieri prodotti con più frequenza fino a farli
diventare abitudini ben radicate, come impronte che nel momento in cui si
presentano le condizioni adatte, partono in automatico producendo i
comportamenti relazionali.
In fondo è
qualcosa che sapeva già anche la saggezza popolare e il Buddha 2500 anni fa
diceva nel famoso sutra “Sui due generi di pensiero”: “Ciò a cui frequentemente pensiamo, quello diventa l’inclinazione della
nostra mente”.
Su queste
modalità di funzionamento della mente costruiamo le nostre idee su noi stessi e
sul mondo le quali poi indirizzano tutti i comportamenti che mettiamo in atto.
Quindi è evidente che la felicità o la sofferenza nella nostra vita dipendono
strettamente da ciò che pensiamo.
La pratica
che ci serve per diventare consapevoli di questi processi è la meditazione.
Cos’è la meditazione
Il modo
migliore per comprendere cos’è la meditazione è ricordare il significato della
parola tibetana “gom” che significa appunto meditazione. “Gom” vuole dire
“familiarizzare la mente” o in altre parole “abituare la mente” a qualcosa.
Se
osserviamo onestamente, attraverso l’esperienza diretta, probabilmente
scopriamo che nella nostra mente ci sono molti pensieri abitudinari e
ripetitivi ai quali tendiamo ad aggrapparci e che ci appaiono particolarmente
“veri”. Ripetendoli frequentemente diventano abitudini in grado di presentarsi
automaticamente nelle situazioni più diverse. Alcuni dei pensieri più
abitudinari e radicati nel nostro tempo sono per esempio le convinzioni di
essere sbagliati o inadeguati che poi ritroviamo alla base dell’ansietà.
Quindi la
mente funziona per abitudini ed è proprio sulla sua capacità di abituarsi che
funziona anche la meditazione. La scienza moderna ha poi scoperto che nel
cervello le connessioni neuronali sinaptiche, attivandosi sempre allo stesso
modo a causa di pensieri reiterati sempre uguali, attivano continuamente certe
aree del cervello creando gli automatismi di pensiero.
Ma al
contrario delle abitudini spesso controproducenti acquisite nel corso della
vita, in meditazione la mente si abitua a pensare e utilizzare frequentemente,
fino a farle sorgere spontaneamente, quelle qualità che si ritengono utili per
stare bene nella vita, nella relazione con se stessi, con gli altri e con
l’ambiente. In particolare si medita o si familiarizza la mente per
incrementare la capacità concentrativa, le qualità dell’amore, della
compassione, dell’equilibrio interiore, la capacità di percepire profondamente
la natura della realtà e quindi in definitiva “chi siamo” e “qual’è il
significato”, la capacità di uscire dal sequestro dei pensieri ossessivi e
dell’ego.
Queste
sono alcune delle potenzialità della mente che si coltivano e incrementano con
la familiarizzazione meditativa e il modo per familiarizzare è semplicemente
quello di ripetere più e più volte le stesse cose.
Ad ogni
modo credo che in definitiva la discriminante per definire utile una
meditazione sia semplicemente il fatto che contribuisca a farci stare meglio
nella vita, più liberi dalla paura, sereni e a nostro agio possibilmente anche
nelle situazioni più difficili.
E’ proprio
su questi presupposti sul funzionamento della mente che si fonda la pratica
interiore che conduce all’emancipazione dal dolore e verso un’esperienza di
libertà e pace.
La psicologia buddista definisce la compassione come
l’intenzione di liberare se stessi e gli altri dalla sofferenza. La
compassione è la capacità di sentire la propria sofferenza e la sofferenza
dell’altro senza farsene travolgere. E’ la forza interiore che ci aiuta a
vedere le cose in una prospettiva di interdipendenza e interrelazione
permettendoci di vedere più in là dello spazio limitato del nostro ego.
L’amore, nella definizione buddhista, è il desiderio di
rendere felici se stessi e gli altri.
Queste attitudini vengono sviluppate attraverso insegnamenti
e pratiche specifiche, che Mindfulness Project ha derivato dal buddismo
integrandole con strumenti della psicologia e della psicoterapia principalmente
di orientamento umanistico e transpersonale.
Nella tradizione buddista vengono considerate, insieme alla
mindfulness, come le caratteristiche fondamentali dell’equilibrio psicologico e
spirituale, come i fondamenti stessi della salute psichica e del benessere.
Tradizionalmente gli insegnamenti e le pratiche per
implementare queste qualità comprendono in primo luogo l’apprendimento di
un’attitudine di cura e sollecitudine verso se stessi, attitudine che viene poi
portata come nutrimento e sostegno nelle relazioni.
Gli effetti dell’integrazione della mindfulness con la
compassione e con la benevolenza si manifestano quindi in un miglioramento
nella qualità della relazione con se stessi, in termini di pace interiore,
benessere autentico, senso di autostima non egoico, fondato su una condizione
di centratura, capacità di accoglienza e di apertura alla vita.
Questa condizione di centratura e di sano amore e rispetto
per se stessi diventa una fondamentale qualità di presenza ed equilibrio nel
rapporto con gli altri: un’attitudine relazionale sostenuta dalla
consapevolezza e dalla compassione offre strumenti efficaci e sperimentati nel
tempo nelle diverse tradizioni sapienziali per poter convivere pacificamente
con gli altri esseri umani e per risolvere le dinamiche e le conflittualità che
ogni relazione interpersonale necessariamente comporta.
Nanni
Deambrogio
Per informazioni sul Mindfulness
Compassion Master (MCM) visita il sito http://mindfulnesscompassion.it/
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